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Nel solco del paesaggismo ligure

Valerio P. Cremolini - Febbraio 1996
Ci sono buone ragioni per ritenere che Giuseppe Arigliano si sia legittimamente conquistato uno spazio, e ne sottolineo l'autorevolezza, nella pittura ligure di questo secolo con una fioritura di opere che si impongono non solo per la loro fragrante bellezza, ma soprattutto per la costanza di un linguaggio tecnicamente ineccepibile. Ma, è bene precisare, insieme alla tecnica eloquente ed indiscutibilmente magistrale c'è una passione ed una non artificiosa tenuta lirica dei dipinti che va oltre la semplice illustrazione. Certamente, nel deposito della cultura artistica di Arigliano c'è il napoletano Giacinto Gigante (1806-1876) per la «particolare lettura sentimentale del paesaggio, lettura come amplificazione di tutto quanto di suggestivo la stessa veduta comporta» (R. Causa).
Ed Arigliano ama da sempre il paesaggio ed il suo nome, allora, va affiancato a quello di illustri e rinomati artisti liguri che hanno caratterizzato quel felicissimo filone di pittura paesaggistica rappresentato, tra gli altri, da Tammar Luxoro (1825-1899), Benedetto Musso (1835-1883), Ernesto Rayper (1840-1873), Dario Bardinero (1868-1908), Federico Maragliano (1873-1952), Eugenio Olivari (1882-1917) e, nell'ambito per nulla passivo della realtà spezzina, da Agostino Fossati (1830-1904), Felice Del Santo (1864-1934), Giò Batta Valle (1843-1905), Antonio Discovolo (1876-1956) ed ancora da un pittore stimatissimo nella mia città che ha dipinto tantissimo mare come Giuseppe Caselli (1893-1976).
Non a caso cito Discovolo e Caselli capace il primo, con taglio disciplinatamente divisionista, ed il secondo, con una gestualità eccezionale, di ricreare il paesaggio marino in una cornice di luce frutto del migliore raccordo qualitativo dei colori e, così, Arigliano dipinge con immutato impegno il mare di Liguria invadendolo di una luminosità di spessore poetico ed intellettuale. Non guasta, peraltro, ricordare la solidissima materia cromatica del grande Rubaldo Merello (1872-1922), pittore innamorato dell'azzurro ed utilizzato, scrive Roberto Tassi, «come se l'aria fosse diventata serale o notturna e tingesse ogni cosa, erbe, rocce, case, fichi d'India, muri, oltre le acque e il cielo che all'azzurro competono». L'importanza della pittura di Giuseppe Arigliano è dovuta anche alla forte capacità, evocativa che essa suscita e, nell'interminabile panorama ligure, scorgiamo in Serafino De Avendano (1838-1916) un'altra figura di riguardo che ha offerto una visione rinnovata della veduta marina di cui Arigliano pare riprenderne l'intensità materica.
Il paesaggio è, quindi, protagonista indiscusso nella pittura ed anche Giuseppe Arigliano lo considera motivo centrale e soggetto privilegiato della sua vocazione artistica. Con una tavolozza limpida, delicata, con il tocco leggero della mano, il pittore ci consegna la sua personale testimonianza della quotidianità trasferita sulla tela nelle immagini di panorami trafitti dalla variabilità della luce.
Il naturalismo, come lo persegue Arigliano, lo impegna, infatti, a meditare lungamente a contatto diretto con l'ambiente, con le sue ombre e le sue luci, che l'artista osserva, analizza e traduce in una pittura viva, vera, ricca di risorse nella forma e nel contenuto.
Dal suo "atelier" senza confini l'artista, stimolato anche interiormente da un "vedere" profondo, diffonde nelle sue opere tutta la passione che gli permette di inseguire la vastità del cielo, la freschezza dell'aria, la potenza del mare, orchestrati in una altissima sinfonia nutrita di non comuni energie cromatiche e di un gradevole ritmo poetico. Quello di Arigliano un lungo e meditato dialogo, vissuto "en plein air", senza che mai l'osservazione perda d'intensità, né l'analisi visiva cada nel generico poiché Arigliano non è un pittore d'occasione e la sua pittura non costituisce un banale esercizio illustrativo affidato a regole convenzionali. Arigliano conosce perfettamente le regole della composizione e fra il vedere e il sentire, fra il guardare e il tradurre, é sempre dominante quell'equilibrio, quella misura, quella trasmissione di sentimenti che sono attributi ricorrenti dei suoi silenziosi paesaggi dove i rumori non giungono e le barche si godono l'intraducibile voce del mare.
Lionello Venturi, eminente storico dell'arte, ha scritto che pittura vuol dire "cosa ben fatta" e in tale asserzione si situa la ricerca personale di Giuseppe Arigliano nella quale si incrociano l'esigenza di affermare i valori della bellezza e, non é secondaria, l'esigenza di alimentare un dialogo con le cose e con le persone che fa, appunto, dell'arte una significativa espressione dell'intelligenza dell'uomo, uno strumento finissimo di comunicazione, un linguaggio universale.
La personalità di Giuseppe Arigliano, peraltro, si molto irrobustita in questi anni e la fermezza morale che ne contraddistingue la cinquantennale militanza nel mondo dell'arte è la più probante garanzia per il consolidarsi della sua notevole identità artistica. Non esiste, a mio avviso, l'Arigliano di ieri e quello di oggi; esiste un pittore che rifiuta la via dell'effimero e, come il poeta, predilige di far provare emozioni liberandole dai lacciuoli che le comprimono.

Trasparenza poetica nella pittura di Giuseppe Arigliano

Paolo Levi - Febbraio 1996
Si è scritto molto della forte carica poetica di Giuseppe Arigliano. É questo un tratto immediatamente riconoscibile nei suoi lavori, come quello di una ricerca che esula dalla memoria, ma che opera nella realtà.
I momenti lirici e i momenti reali sono costanti e unitari in ogni sua composizione. La trasposizione figurativa è sempre oggettiva, fuori dalle incertezze della memoria e si anima e si fonde con la vibrante interiorizzazione del sentimento.
Le sue raffigurazioni sono soggette al filtro di una coscienza attenta, portatrice di scoperte di forme concrete che, a volte, si avvicinano al sogno.
Arigliano incontra il colore e solo a lui si affida e tutto, in lui, diviene racconto. Il panorama del mare si solidifica nei suoi struggenti particolari. Riappare il disegno combinato al colore per definire meglio spazi e temi. La visione diviene chiara, senza esitazioni.
Le sagome della natura aderiscono perfettamente alle diverse scansioni calcolate. Sono piani diversi dove dominano gli accordi cromatici, i contrasti limitati alla luce, a cui rispondono macchie di colore mutate dalla lentezza dell'acqua.
Scriveva John Hollander che parlare di pittura è quantomeno pericoloso, in parte perché la più forte interpretazione di un dipinto è spesso un altro dipinto, creato da un artista che ha in se qualche cosa che l'artista originale aveva ma che non aveva neppure "visto" in se stesso.
Sembra un concerto tortuoso, ma sta invece a indicare come i veri artisti - e questo è il caso di Arigliano - affrontino costantemente la Natura in una contesa amichevole. Diceva Wallace Stevens: «Le cose viste - forse solo nella pittura - sono come le vediamo, chiedendoci cosi di pensare sempre a come si possa rendere visibile la splendida identità di quel come ».
Giuseppe Arigliano è, appunto, il cantore del mare, nella sua limpida trasparenza d'acqua, come Ennio Morlotti deve essere considerato il maestro della terra nella sua inquieta ombrosità naturale.
Giuseppe Arigliano compone trasparenti riflessi, allusioni di invisibili cieli, apparizioni di fondi di rocce.
Si avverte, in questi lavori, la contemplazione serena del silenzio del mare, grazie alla sapienza di una tavolozza che fa rivivere un ipotetico giorno infinito, nelle sue infinite variabilità cromatiche.
Nei dipinti di Giuseppe Arigliano, la trasparenza dell'acqua marina vive grazie alla luminosità del sole e della valente spatola, non descrive ma trascrive i contrappunti caldi di luci e di ombre o di un verde di alghe e di rocce color pietra, affioranti dal fondo marino.
Nella sua maestosità, I'acqua sembra, a volte, incresparsi crucciata nel difendere L'invisibile Nettuno che riposa in qualche anfratto segreto.

Giuseppe Arigliano: l'uomo e l'artista

Lilian ed Euro Capellini (Galleria Vallardi) - Gennaio 1996
Il nostro incontro con la pittura di Giuseppe Arigliano risale alla fine degli anni Cinquanta. Ci colpi subito lo stile personale e la predilezione nel dipingere scogliere e trasparenze marine: segno di un profondo legame affettivo con la terra di Liguria.
La conoscenza personale dell'artista avvenne poco più tardi. Fu allora che, a poco a poco, entrammo nel suo mondo, scoprendo la genuinità di Arigliano, artista e uomo. Questo ci avvicinò sempre più a lui e al suo percorso artistico, facendoci crescere il desiderio e l'intendimento di operare affinché la sua pittura fosse sempre più conosciuta e accolta. Il nostro obiettivo è stato capito e apprezzato dal maestro e da sua moglie, la cara Luigina. E questo e per noi il migliore dei riconoscimenti.
Cosi, oggi, siamo particolarmente lieti di aver curato questo volume, sicuri che, attraverso le autorevoli testimonianze di critici e di personalità della cultura, darà un ulteriore contributo alla conoscenza di un artista, a nostro giudizio, tra i più rappresentativi del nostro tempo.

Giuseppe Arigliano e il suo sodalizio con il mare

Ferruccio Battolini - Gennaio 1996
Debbo anzitutto confessare che ho atteso alcuni anni prima di impegnarmi in una presentazione a favore di Giuseppe Arigliano non certamente per pregiudiziali estetiche ma solamente perché mi mancavano riscontri diretti con l'artista che ho conosciuto di persona soltanto in tempi recentissimi. l'incontro è stato decisivo non soltanto perché ho appreso notizie biografiche essenziali quanto significative (la frequentazione dell'Accademia Ligustica, lo studio della figura, l'amicizia con Ardingo Giurfa e con Maria Questa, per esempio) ma anche e soprattutto perché ho potuto "leggere" da vicino la sua nitida, convinta e convincente, risolutezza creativa. Una risolutezza, la sua, decisamente pulita, entro cui tuttavia anche gli impulsi sono forti (istantanei e motivati nel contempo), anche i fermenti emozionali sono autentici (cioè senza amplificazioni retoriche), anche la pianificazione coloristica è vigorosa e determinante oltre che immediatamente riconoscibile e peculiare.
Nel suo studio di Nervi ho provato una gioia particolare quando mi ha, con la semplicità tipica dell'artista genuino, "presentato" i suoi più recenti (alcuni, giganteschi, del tutto stupefacenti nell'armonizzazione delle trasparenze) "omaggi al mare". Si tratta di opere in cui Arigliano dimostra di aver raggiunto un sodalizio strettissimo, ormai indissolubile, con le acque verdi-azzurre del suo mare: direi che là, fra scogli e spume, ha deciso di abitare e che da quella sua dimora riesce a mandare messaggi a noi che non abbiamo la fortuna di identificarci con, quei "ritagli" eterni e fluttuanti di natura.
Sa ormai tutto del mare: ne conosce l'"anima" misteriosa, incostante, contraddittoria; lo scopre nei suoi movimenti lenti (quando è quasi pianeggiante) ma anche e soprattutto nelle sue giocosità e nelle sue incessanti curiosità, volta a volta carezzevoli o violente, verso gli amici scogli e arenili. Per lui la solidarietà verso l'affascinante e maestoso "spazio mobile" ove si immergono le sue più limpide, giovani, primigenie emozioni, è la stessa ragione d'esistere come uomo e come artista.
Non mi pare proprio che le sue composizioni "in onore del mare" siano il risultato pittorico di una mera volontà di "proposta realista" tant'è vero che ognuna ha la sua particolarità, rappresenta incanti singoli e diversi, mostra vitalità "personalizzate". C'è, è vero, una collocazione fisica del pittore di fronte allo "stupendo mostro" (il mare, appunto) che si ripete; ma poi c'è sempre tanta imprevedibilità nel suo approccio a quei ritmi e a quelle limpidezze che ogni volta riesce a comunicarci qualcosa di diverso, di diversamente trasparente.
Circa poi la separazione che taluno pretende fare fra il tracciato compositivo e il colore (che porterebbe, se accettata, a concepire il lavoro di Arigliano come un prevalente impegno "tecnico") esprimo dissenso in quanto il risultato cromatico che vediamo e ammiriamo e già tutto dentro la sua tavolozza, mai circoscritto o delimitato, sempre pienamente realizzato grazie alla sua unitaria e integra capacità compositiva. Direi poi che Arigliano ha gli occhi puliti", nel senso che è lontano sia dalla retorica del mare "salottiero" e sdolcinato sia dalla concezione del mare-veduta (cioè di un mare ridotto a sezione, a segmento parziale e statico di un tranquillo e scontato panorama).
Il rapporto tra Arigliano e il mare dunque si svolge nel segno di una "naturalità primigenia" che da un lato genera "gioia" (in lui e in noi) e dall'altro suscita una sorta di "meraviglia ragionata" su quello spazio pittorico di cui si é con trasporto e rigore appropriato. Il rigore non esclude la poesia, è ben chiaro, cosi come l'accuratezza verso gli equilibri cromatici non esclude certe necessarie "sbandate" liberatorie: ecco perché mi sono convinto (ma non sono solo), soprattutto per le opere più recenti, della necessità di parlare di una determinazione emozionale e sistematica coincidenti, nel solco cioè di una associazione forte e permanente tra necessità impulsiva e controllo formale.
Ma dobbiamo anche parlare di passione, nel contempo prudente e scoperta per quel "suo" mare: una passione talvolta astrattamente lirica tal'altra addirittura voluttuosa. É cosi che nasce, a mio avviso, una nuova "marina", del tutto "interna", riservata, personale, diversa dal vedutismo ligure (pur prestigioso e in alcuni casi splendido) di un Discovolo o di un Caselli, per citarne due tra i tanti vissuti e operanti tra la seconda metà dell'Ottocento e gli ultimi decenni del nostro secolo. Cioè mi pare di poter dire che le sue composizioni marine (un vero e proprio trionfo delle trasparenze) possono anche non essere localizzate in quanto il suo più intimo e incontenibile movente va ben oltre certa facile e manieristica figuratività e raggiunge approdi in larga misura immaginati, profondamente trasformati e, ripeto, del tutto "interiorizzati".
Concluderei insistendo sul fatto che, a differenza di molti "paesaggisti del mare", Giuseppe Arigliano riesce a darci soluzioni compositive soltanto in apparenza localizzabili: voglio dire cioè che dialoga, si, con il mare di Liguria e con i tipici arcipelaghi degli scogli rivieraschi; ma mai Ii propone rispettivamente nella loro ripetitiva e designabile mobilità o nella loro dimensione statica.
Ogni dipinto di Arigliano, che pur é sentito e progettato di fronte a quelle "cose" fisse o mobili vicino alla sua dimora-studio ("cose" per lui visceralmente indispensabili) é poi riscritto, reinventato, nella consapevolezza, che deve essere di tutti e di un artista in particolare, che la realtà muta e si rinnova continuamente.

Oltre il visibile immediato

Germano Beringheli - Dicembre 1995
Giuseppe Arigliano è un pittore che concepisce il quadro come un interlocutore nobile cui affidare l'indipendenza dell'entità spazio-materia-luce secondo le indicazioni del puro dato osservativo e del conseguente impiego degli acoidenti formali propri del linguaggio pittorico.
La fattura larga e solare di un suo dipinto, quasi sempre legato alla più stretta prossimità col mare, entra nello sguardo dell'osservatore potenziata da un vitalismo che è corsivo dei segni strutturali e, insieme, appassionato eppur controllato da una riflessione a lungo meditata delle possibilità espressive del mestiere.
Obbedendo alle regole di una visione panteistica della natura, di certo maturata in un rapporto romantico che ha per prospettiva l'emozione alta del sublime, la pittura di Arigliano, pur rispettosa della struttura costitutiva del vero disseppellito e separato, con evidente abilità tecnica, dal convenzionale, comunica sempre l'atto vissuto nell'istante in cui colto.
La sovrapposizione fluida, delicata e per trasparenze, degli strati di materia o di colore, l'azione di un disegnare "mentale" che evoca la liquidità delle rifrangenze luminose, l'accensione timbrica che si rapprende sulle segrete nervature d'uno sciabordio iterante rifuggono, si direbbe, ogni nominazione esterna delle cose.
Per Arigliano si tratta, mi pare, di possedere non tanto l'elemento mare-natura in se bensì il tipo di rapporto che esso instaura, con un'aria di elegia e in termini strettamente pittorici, con chi lo ritrova deposto sul quadro.
Un rapporto esistenziale, dunque, nel desiderio di giungere a una realtà nuova, illuminata di sguardo e di giudizio, più mentale, epperciò sensibile, che naturale. Penso a Constable, più che a Turner, ovvero alla pacatezza, più che alla eccitazione. Il fondamento della sua riflessione consiste nel condurci oltre il visibile immediato, al di là di un pur notevole impressionismo dell'occhio. Ci induce infatti, sin dal primo apparire carpito dal lievitare delle campiture e delle trafitture luminose, alla intensità allusiva e segreta del fare pittura, in una ricerca delle possibilità cromatiche così sottili da consentirci di astrarre l'intimità che ne pervade il senso. E varrà, a questo punto e una volta per tutte, ridire che l'immagine di Arigliano non si impone per la elaborazione pittoricistica o per la qualità di rappresentazione del veduto ma per quella trascrizione del vero visibile che rende significativo l'accordo fenomenico interno.
Sono la sensazione e l'emozione, filtrati dalla sostanza del sentimento, a prendere corpo, sul quadro, per effetto del ripensamento formale, per la vigile coscienza critica che spinge l'intelletto a comprendere quel trasporto cifrato di segni che ri-costituisce, aggallata, una immagine.
E se il colore, vario di luci sontuose e di soavi sapienze espressive, rimanda l'occhio alla memoria di certi aggrumati e sensuali barocchismi, varrà sempre rammentare che non é della pittura illustrare le cose del mondo visibile ma semmai esprimere di esse un analogo in cui è maturata la percezione lucida del meccanismo conoscitivo.
Il che ci conduce a un'altra riflessione. La pittura di Arigliano è quanto mai contemporanea perché rivela in sé la sapienza di quegli accadimenti storici che hanno mutato il linguaggio. Infatti non è difficile avvertire, nei suoi mari trasparenti di verdi inveleniti modulati d'azzurro e nelle sue rocce-scoglio profilate del viola acido delle scansioni ferrose, il confluire del clima moderno, dall'Impressionismo all'Espressionismo, dal Simbolismo naturalista all'Informale, in un contrappunto di movimenti risolti dalla disposizione gestuale e dalla esplicita verità plastica restituita dall'accoglimento interiore.
Donde sarebbe poi sin ovvio, nel riprendere i problemi della pittura, richiamare discendenze tradizionali, tipiche del marinismo del levante ligure, da Discovolo a Caselli, ad Aprigliano che, per Arigliano, cito soprattutto per certe ammorbidite asprezze luminose di blu che, nel molteplice corpo della pittura contemporanea, ristanno liricamente, offerte alla fantasia sua e del riguardante.
D'altra parte la pittura di Arigliano, s'è detto, acquista una mobilità più moderna, con venature più sensitive di quelle che possono venire da una visione ristretta al vedutismo di maniera. Si é caricata, e anche questo s'è detto, del tumulto dei lumi suscitati dall'energia liberata dalla processualità dell'Informale che egli non ha abbracciato direttamente restando "figurativo", ma di cui ha certamente avvertito l'influenza, quanto meno a livello inconscio.
Per realizzare un prodotto pittorico ideale, visionaria suggestione di chi alla poetica di natura accede, più che per l'aspetto reale, sul "motivo", avvertendo il fare pittura in moderno senso esistenziale.

Ricerca-desiderio di un'eternità, espressa dal mare

Gabriella Chioma - Agosto 1991

Pregevole vedutista e soprattutto innamorato del mare, Giuseppe Arigliano a buon diritto s'inserisce nella splendida linea ligure della pittura di paesaggio che partendo dall'Ottocento con Luxoro, Musso, Bardinero e Olivari - ed in ambito più specificamente spezzino, con Agostino Fossati, Giuseppe Pontremoli e Giò Batta Valle - giunge, nel Novecento, a Costa, a Discovolo e, per certi aspetti, ai nostri Brandolisio e Caselli.
Elemento principe ovviamente il mare: un mare maestoso, ora realisticamente tempestoso, ora surreale e mitico, soprattutto se colto, come avviene in Arigliano, quasi in una commistione panica con la natura, in quella molteplicità d'infinite trasparenze, momenti acquorei d'impalpabile trasognato fluttuare di onde tra gli scogli o d'insidiosi gorghi attorno ai promontori. Ed alle trasparenze s'ispira questa mostra, nel riproporsi sempre rinnovato - ed é qui la grande maestria - di sequenze d'immagini che, come il tema in una sinfonia s'intrecciano in ricchezza d'accordi, fastosità di sfumature ed articolata gamma di toni.
È un ulteriore salto qualitativo in una pittura già di buon livello - e soprattutto onesta - raggiunto attraverso l'astrarsi dal modulo strettamente narrativo, legato al quotidiano, per focalizzarsi nell'indagine profonda ed attenta di un particolare - uno scorcio di costa, un lembo di mare, la scabra immobilità dello scoglio affiorante tra le spume - carpendo un frammento d'esistenza naturale, attraverso raffinati giochi cromatici, uso sapiente delle tonalità, equilibri chiaroscurali che struggentemente riescono a proporci le accattivanti opalescenze di un fondale.
Nell'accentuazione di questo particolare tipo di ricerca, l'artista conferma la sua nobiltà formale - tuttavia mai calligrafica o leziosa - sorprendentemente capace, in un ispirato paradosso, pur attraverso il corposo realismo sostanziato d'un tecnicismo di alta caratura, di trasfigurare la realtà stessa.
Tracce mnestiche discovoliane, se presenti ed abbastanza inevitabili, nel senso vitale del movimento e soprattutto in talune velature preziose delle tonalità azzurre o grigio-rosate che splendidamente ripropongono l'emozione estetica di certi veli di foschia tipici della costa, sono un intelligente ammiccamento al comune sound emotivo, all'elemento marino unificante.
Le scansioni della mostra si susseguono infine con un andamento quasi poematico, creando quella stessa atmosfera d'intenso coinvolgimento quale può nascere, in campo letterario, da una visione della potenza Oceanica come matrice universale, alfa ed omega dell'esistere, che troviamo ad esempio, al di là dell'appassionata celebrazione di Ettore Cozzani nel suo "Poema del Mare", soprattutto nel clima spirituale del versi di Michelstaedter o del nostro Montale.
Cosi il discorso pittorico d'Arigliano si rivela legato ad una particolare ottica filosofica, tradotta in eleganti tratti di spatola sulla tela, nel tentativo struggente ed ostinato di fissare l'istante della bellezza fermandone l'attimo: ricerca-desiderio, dunque, di un'eternità che il mare, elemento di profonda valenza simbolica, da sempre esprime nelle sue abissali profondità: mistero e divinità perenni.

Dal catalogo della "Mostra personale" svoltasi a Riomaggiore

Franco Bonanini - Sindaco - Agosto 1991

Non vorrei sembrare retorico nel dire con quanto piacere e, a nome dell'Amministrazione Comunale di Riomaggiore, presento la mostra personale del Maestro Giuseppe Arigliano, artista già molto noto ai nostri concittadini e graditi ospiti.
Il suo ritorno a Riomaggiore vuole essere il proseguo di un filo conduttore che si congiunge a quello di tre anni fa, con un avvincente richiamo alla bellezza con la quale le Cinque Terre sono state favorite dalla natura. Arigliano è particolarmente legato al nostro paesaggio che gli è stato spesso di ispirazione, come lo fu per molti altri illustri pittori. Ma Arigliano è anche legato alla nostra gente che di questo artista conosce e apprezza l'opera e le qualità umane. Per questa ragione l'Amministrazione Comunale di Riomaggiore è ben lieta di ospitare la sua mostra che presenta al visitatore le trasparenze dei nostri mari, le scogliere arse dal sole e di salsedine, la dolcezza dei nostri tramonti.
Fedele a un linguaggio intensamente lirico, la pittura di Arigliano è un inno alla bellezza, alla luce e al silenzio della nostra terra; è un canto armonioso che suscita nell'animo sensazioni di freschezza e di serenità.

Dal catalogo della "Mostra personale" presso il Circolo Culturale "5 Terre" del Comune di Monterosso al Mare

Franco Cavallo - Sindaco - Agosto 1990

Ho il piacere di presentare, a nome dell'Amministrazione Comunale di Monterosso la mostra del pittore Giuseppe Arigliano intitolata: "Arigliano e le sue trasparenze".
L'iniziativa, che sicuramente sarà favorevolmente accolta dai nostri concittadini e dai graditi ospiti, si ripromette di richiamare un maggiore interesse per la nostra terra che proprio, attraverso l'arte di Arigliano, si manifesta in tutto il suo splendore. Arigliano noto come il pittore del mare o, meglio, delle trasparenze, inconfondibile nello stile egli sa far rivivere sulla tela l'incontaminata freschezza di angoli marini che, proprio nel nostro territorio si scoprono ancora con l'entusiasmo di una conquista.
Arigliano concede poco o nulla alla fantasia, al ricordo di tempi lontani, egli e per questo gliene siamo grati, con gli occhi e la sensibilità del vero artista, ci fa scoprire e riscoprire la bellezza di un paesaggio che forse, nella distrazione quotidiana, non si riesce a cogliere in tutto il suo valore.

Dal volume "Arigliano Cinque Terre"

La Direzione della Galleria Vallardi - Agosto 1990

Crediamo di fare cosa gradita al pubblico che ama la terra ligure ed in particolare il mare e l'aspra natura delle Cinque Terre, luoghi incantevoli cari agli artisti e agli uomini sensibili, presentando questa piccola raccolta di cartoline illustrate da un artista più conosciuto per l'amore che traspare dalle sue tele che per il nome altisonante. I suoi quadri nascono da un costante stato di grazia che non può essere altro che il riflesso della sua anima gentile, e dalla instancabile ricerca del bello e del vero della natura che lo circonda e nella quale s'immerge per assaporare il piacere di esprimerla e trasportarla fedelmente sulle tele, per trasmetterla a noi che, cogliendo i suoi sentimenti, rimaniamo affascinati da tanta bellezza.
Arigliano opera in silenzio, lontano dal clamore delle mode e della pubblicità, impegnato seriamente a lasciare una testimonianza della convivenza con il nostro mare ed il nostro paesaggio. Di questo gliene saremo sempre grati. Del tutto voluto l'abbinamento lirico con il poeta concittadino Paolo Bassani, a conferma della nostra verità poetica.

Dal catalogo della "Mostra personale" presso il centro Libertas del Comune di Vernazza

Gerolamo Leonardini - Sindaco - Agosto 1989

È con grande piacere che presento ai concittadini e ai graditi ospiti la Mostra del Pittore Giuseppe Arigliano. Il pittore ritorna nelle nostre terre dopo che, proprio in Vernazza, allestì alcuni anni or sono una mostra personale che ebbe grande successo di critica e di pubblico. Questa iniziativa rientra nell'ambito delle manifestazioni culturali che già da anni la nostra Amministrazione comunale promuove per la valorizzazione del nostro territorio e più in generale delle Cinque Terre.
Giuseppe Arigliano - noto come pittore del mare - è legato da profondo amore alla Liguria e alle Cinque Terre. Il paesaggio delle coste, si smorza e si addolcisce all'improvviso nell'ampio respiro della marina, quasi a formare una sintesi apparente tra la severa immobilità delle terre ed il continuo e mai uguale refluire del mare.
Nessuno, forse, come Arigliano ha saputo e sa cogliere le espressioni più sincere e pur vere della nostra terra e delle nostre genti.